La convenzione, il fascino di una sconosciuta (articolo per Passione Stoccata, mar. 2009)

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Con il termine convenzione, nella Scherma, ci si riferisce al complesso di regole che nel Fioretto e nella Sciabola determinano i principi per i quali il punto viene assegnato all'uno o all'altro schermitore. La convenzione tuttavia per molti è solo quella misteriosa e sfuggente sconosciuta il cui fascino porta sovente a dispute di possesso tra atleti, arbitri e compunti ‐o quasi‐ maestri. Gli americani, più pragmatici in molte cose, la chiamano ROW, Right of way, diritto di precedenza. Fioretto e Sciabola, a differenza della Spada, sono armi in cui la precedenza dell’attacco sulla difesa conta, dette per questo "convenzionali" e tale differenza nei regolamenti è facilmente spiegata se ripercorriamo brevemente la storia delle tre discipline schermistiche: la spada era l'arma "da terreno", ovvero da duello, per eccellenza. Vi erano duelli anche alla sciabola, ma più spesso avvenivano tra ufficiali dei ranghi armati, perché questa era l'arma tipicamente dell'esercito e specificamente della cavalleria, mentre la maggior parte dei duellanti di rango civile ricorreva di norma alla spada. L'istituto del duello nelle sue varie forme meriterebbe certamente una trattazione a sé stante e molto più seria ed articolata, che lasciamo volentieri ai colleghi studiosi in materia storica, così come la seriazione tipologica delle spade nel corso dei secoli, mentre ai fini della spiegazione della nascita del concetto di convenzione ci basti dire qui che il duello divenne progressivamente una sorta di piaga sociale, paragonabile per vastità al problema moderno delle stragi del sabato sera a base di alcol e guida sprovveduta. Con il lento assottigliarsi della forbice sociale iniziato sul finire del XVII secolo nella scia del fiorire dei commerci, anche le classi medie entravano più facilmente in possesso di una spada, da sempre status‐symbol dell'appartenenza ad una classe abbiente, ma purtroppo per loro, la cultura schermistica, ovvero un serio addestramento all'uso delle armi, rimaneva ancora un prerogativa riservata alle classi ricche, con la conseguenza che le strade si riempivano facilmente di individui armati sì di una spada, ma privi delle adeguate istruzioni per l'uso, con grande preoccupazione dei reggenti e dei governi, che vedevano così le classi dirigenti dei loro paesi decimarsi con duelli sempre più frequenti e scaturiti per motivazioni d'onore sempre più pretestuose ed assurde. Vi erano duellanti di professione, ingaggiati per sfidare o per dar soddisfazione allo sfidante e vi erano maestri prezzolati che in una notte promettevano di insegnare tutti i rudimenti della scherma e magari, perché no, una botta segreta di sicura efficacia, per sopravvivere al duello del mattino seguente, in cui ci si era incautamente cacciati pur di non tradire l'orgoglio. E non sempre finiva bene, anche se il duello non era di quelli all'ultimo sangue: molto spesso la morte ti bussava alla porta anche a mesi di distanza dalla conclusione del confronto. Bastava una ferita anche superficiale prodotta da una lama, che raramente era del tutto asettica, per provocare un'infezione, che all'epoca conduceva a morte certa. E così sempre più spesso graziose pulzelle si trovavano a passare dall'aver due contendenti all'esser di già vedove. La spinta sociale ad incanalare il duello verso forme che assumessero un minor impatto negativo sulla società erano latenti e ingenerarono un lento procedimento che favorì la nascita di sale d'armi nelle quali ci si potesse esercitare per non finire da qualche parte a duellare senza cognizione. Apparvero così il fioretto, versione alleggerita della spada, adatta all'addestramento e la maschera, protezione che permetteva maggior sicurezza e disinvoltura nel provare i colpi prima di sentirsi pronti per tastare il terreno di un vero duello. L'assalto venne codificato per ragioni di apprendimento e la convenzione non fu altro che la regolamentazione di una frase d'armi nell’addestramento al duello, sequenza logica dei colpi nella quale l'incontro era considerato un deprecabile disonore (colpo delle due vedove era definito il colpo particolarmente sfortunato nel quale entrambi i duellanti si ferivano contemporaneamente a vicenda). Il rispetto di una convenzione nello scontro armato si radicò così profondamente nella mentalità collettiva che anche con la migrazione del duello verso l'uso delle armi da fuoco, nel neonato duello di pistola rimase la possibilità per i contendenti di scegliere una modalità di scontro nella quale i due sparavano non contemporaneamente, ma alternandosi a turno prima l'uno e poi l'altro, fino ad un massimo di tre scambi di fuoco. Benché le armi ad avancarica di allora non garantissero una mira eccellente, si capisce quanto doveva essere forte il concetto di convenzione se uno dei due contendenti era costretto ad aspettare immobile il colpo sparato dall'altro, prima di poter a sua volta avere "il turno" di mettere alla prova la sua mira e la sua arma. E diventando col tempo la scherma sempre più un passatempo e sempre meno uno strumento per regolare le controversie d’onore, nei regolamenti sportivi è rimasta comunque l'essenza originaria delle tre discipline, con la Spada nella quale è permesso il colpo doppio e chi prima tocca si aggiudica il punto, come nei duelli, col Fioretto e la Sciabola che impongono il rispetto della frase d'armi, distinguendo chi attacca ed ha ragione di reclamare il punto per sé da chi si difende e può colpire solo dopo aver parato l'attacco dell'avversario, come era uso nell’addestramento nelle sale d’armi. L'incontro, in questo caso, cioè il colpirsi contemporaneo dei due schermitori, non è consentito (e se avviene non dà diritto al punto) e l'arbitro giudica la regolarità dell'azione nel rispetto della convenzione, distinguendo la frase o sequenza d'armi in attacco e difesa. Questo retaggio del passato, la convenzione così misteriosa, ancor oggi può voler dire molto sul piano dei valori educativi che la scherma ha da offrire. E' uno strumento flessibile, uno strumento cognitivo che la scherma ha al suo servizio, di grande utilità per insegnare ad un bambino con un'evidenza che definiremmo pratica che occorre rispettare le ragioni degli altri prima di opporre le proprie, che non si interrompe chi ci incalza, ma gli si ribatte con un argomento valido quando è il proprio turno di parlare e che vincere non significa anticipare, bensì saper "scegliere il tempo" più opportuno per agire. Certamente per il pubblico televisivo e per il pubblico non tecnico è cosa forse un po' difficile da capire quando le luci del segnapunti si accendono tutte contemporaneamente, ma c'è l'arbitro con i suoi gesti codificati a spiegarci l'azione. E' forse un'utopia, ma nel futuro non è escluso ipotizzare che la tecnologia permetta di trasmettere in differita gli assalti su un canale satellitare, una differita tale da consentire ad un computer di aggiungere una freccia rossa fotogramma per fotogramma sotto allo schermitore che attacca, per permettere di capire tutto anche a chi di scherma non ha mai tirato. O forse basterebbe anche ‐e sarebbe più semplice‐ che il pubblico che entra nel palazzetto di un grande evento schermistico nazionale o internazionale venisse accolto da un video, con una ricostruzione computerizzata tridimensionale che spiega come si riconosce uno schermitore che attacca da uno che si difende con la parata e risposta. Quando parliamo di difficoltà di diffusione del nostro sport e di scarsa telegenicità dell'evento schermistico, forse dimentichiamo il baseball ed il cricket, il football americano ed il golf col suo sistema di punteggi. Tutti sport che tengono milioni di telespettatori incollati al video per seguire i grandi tornei e che hanno scelto senza ipocrisie la semplicità per spiegarsi al pubblico, ma senza perdere la loro natura, invece che languire nel profondersi in lamentele su quanto siano difficili da comprendere. Nella scherma l'obbiettivo è colpire l'altro senza farsi colpire e per questo la convenzione è quanto di più naturale ci sia, a garanzia della sopravvivenza: la scherma forse non è la cosa più semplice del mondo da fare, ma capire come funziona risale agli australopitechi.

di Alberto Bernacchi