Letture estive: un duello con un finale onorevole

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Un rapido duello che trova il suo culmine nel disarmo dell'avversario; descrizione breve ma intensa di una frase schermistica tratta da "Il Corsaro Nero", di Emilio Salgari.

Forza e muscoli d'acciaio, resistenza e pazienza, queste secondo l'autore le doti implicite di un valente spadaccino. Il finale, però, è a sorpresa. Il filibustiere, il temibile Corsaro Nero, risparmia la sua vittima, avendo più a cuore di mostrare la propria superiorità d'animo che non quella della sua scherma e guadagnandosi l'appellativo di cavaliere da parte dell'incredulo avversario.

Il Corsaro Nero s'inchinò lievemente, poi scese rapidamente i gradini ed incalzò il castigliano con tanta furia, che questi fu costretto a retrocedere di due passi. Per alcuni istanti nell'angusto corridoio si udì solo lo stridore dei ferri. Carmaux ed il nero, appoggiati contro la porta, colle braccia incrociate assistevano al duello senza parlare, cercando di seguire cogli sguardi il fulmineo guizzare delle lame. Il castigliano si batteva splendidamente, da spadaccino valente, parando con grande sangue freddo e vibrando stoccate bene dirette; dovette ben presto convincersi però d'avere dinanzi un avversario dei più terribili e che possedeva dei muscoli d'acciaio.

Dopo le prime botte, il Corsaro Nero aveva riacquistata la sua calma.

Non attaccava che di rado, limitandosi a difendersi come se volesse prima stancare l'avversario e studiare il suo gioco. Fermo sulle sue gambe nervose, col corpo diritto, la mano sinistra avanzata orizzontalmente, gli occhi lampeggianti, pareva che giocasse. Invano il castigliano aveva cercato di spingerlo verso la scala colla segreta speranza di farlo cadere, vibrandogli una tempesta di stoccate. Il Corsaro non aveva fatto un solo passo indietro ed era rimasto irremovibile fra quello scintillio della lama, ribattendo i colpi con una rapidità prodigiosa, senza uscire di linea.

D'improvviso però si slanciò a fondo. Battere di terza la lama dell'avversario con un colpo secco, legarla di seconda e fargliela cadere al suolo, fu un colpo solo. Il castigliano, trovandosi inerme, era diventato pallido e si era lasciato sfuggire un grido. La punta scintillante della lama del Corsaro rimase un istante tesa, minacciandogli il petto, poi subito si rialzò.

- Voi siete un valoroso, - disse, salutando l'avversario. - Voi non volevate cedere la vostra arma: ora io me la prendo, ma vi lascio la vita.

Il castigliano era rimasto immobile col più profondo stupore scolpito in viso. Gli sembrava forse impossibile di trovarsi ancora vivo. Ad un tratto fece rapidamente due passi innanzi e tese la destra al Corsaro, dicendo:

- I miei compatrioti dicono che i filibustieri sono uomini senza fede, senza legge, dediti solamente al ladronaggio di mare; io posso ora dire come fra costoro si trovano anche dei valorosi, che in fatto di cavalleria e di generosità possono dare dei punti ai più compiti gentiluomini d'Europa. Signor cavaliere, ecco la mia mano: grazie!...

Il Corsaro gliela strinse cordialmente, poi raccogliendo la spada caduta e porgendola al conte rispose:

- Conservate la vostra arma, signore; a me basta che voi mi promettiate di non adoperarla, fino a domani, contro di noi.

da "Il Corsaro Nero", di Emilio Salgari