
Il detto, molto diffuso nei simpatizzanti del mondo sportivo <<
l'importante è partecipare>>, usato come mantra per risollevare il morale dell'atleta sconfitto da parte di tifosi e genitori che si professano privi di ansie da prestazione, ha effetti particolarmente devastanti per chi lo applica. Significa infatti istruire sommessamente l'atleta ad accontentarsi, quindi a perdere in partenza. Certo, è pur vero che non si può vincere sempre, ma si deve nutrire almeno l’aspettativa di vincere ogni tanto. Diversamente, meglio abbandonare subito la pedana da scherma. Addirittura, leggenda metropolitana -o come si dice oggi in gergo informatico, hoax-, tale detto lo si vorrebbe comunemente esser stato formulato e pronunciato niente meno che dal fondatore delle Olimpiadi moderne, il barone Pierre De Coubertin, personaggio che invece era quanto più lontano si possa immaginare da tale convinzione, avendo dimostrato in più di un' occasione che vincere gli premeva molto, anche se ciò richiedeva metodi che oggi definiremmo non proprio ortodossi. Come manifestazione di contorno dei Giochi di Stoccolma del 1912 si svolsero anche le “Competizioni d’arte”, nelle quali l’opera “Ode allo Sport”, scritta dai tedeschi Georges Hohrod e Martin Eschbach, si aggiudicò il primo premio per la sezione "Letteratura". In realtà il testo era dello stesso Pierre de Coubertin, presidente della giuria, opportunamente nascosto dietro agli pseudonimi di Hohrod, con cui aveva già pubblicato un romanzo nel 1888, e di Eschbach, il villaggio accanto al quale era nata la moglie. Proprio dall'"Ode allo Sport" sarebbe tratto il celebre detto, che De Coubertin stesso, però, attribuiva all’omelia pronunciata dall'Arcivescovo della Pennsylvania, Ethelbert Talbot, nella cattedrale di San Paolo di Londra, in occasione della cerimonia in onore degli atleti partecipanti alle Olimpiadi del 1908. Quest’ultimo, a sua volta, per la propria omelia aveva attinto alcuni concetti dagli scritti dell'antico autore greco Pindaro, il quale aveva scritto: “L’importante non è vincere, ma partecipare con spirito vincente“. Il pensiero originale che de Coubertin intese tramandare non era «L'importante non è vincere ma partecipare» bensì un concetto ben più articolato e profondo, che con il passare del tempo è stato semplificato e reso più "netto". De Coubertin riteneva che <<l'importante nella vita non fosse affatto il trionfo, ma il combattimento; l'essenziale non è aver vinto ma aver ben combattuto>>. Non bisogna cioè puntare alla vittoria a tutti i costi, anche se è lecito e sportivamente giusto che i migliori si impongano, ma occorre saper dare il proprio meglio nella competizione, rendendo, con l'aver ben combattuto, onore e merito a tutti i partecipanti e questo concetto, come si vede, è ben lontano dall'idea del solo partecipare, rispecchiando invece il motto olimpico, proposto dallo stesso De Coubertin e accolto dal CIO, ovvero "
Citius!, Altius!, Fortius!" che significa "Più veloce, più in alto, più forte!".
Un atleta deve sempre dare il meglio e non può limitarsi a partecipare per il solo gusto di esserci.