La spada, da sempre, non è soltanto un oggetto di grande fascino per culture ed epoche anche molto distanti tra loro, ma anche una presenza storica che si impone tuttora alla nostra presenza anche nei modi più inaspettati. In molti paesi oggi si guida a sinistra, perché nell’antichità era uso camminare sul lato sinistro della strada, per avere a destra lo spazio necessario ad estrarre la spada. Per la stessa ragione il cavaliere porgeva alla sua dama il braccio destro, quando l’accompagna, tenendo così l’arma al di fuori dello spazio della donna. I vestiti da uomo, allora come oggi, si abbottonavano sinistra su destra, per poter essere sbottonati più facilmente con la mano mancina, mentre con la destra si impugnava la spada. Anche l’uso quotidiano di stringersi la mano destra per salutarsi o per presentarsi, deriva dal fatto che questo gesto amichevole dimostrava che non si era pronti ad impugnare un’arma. Se quindi la spada, con il suo fascino, è entrata di generazione in generazione nell’immaginario collettivo ed ha permeato così anche dettagli apparentemente secondari della nostra vita quotidiana, non sempre i film ed i libri che narrano le gesta di epici duelli di cavalieri e moschettieri sono del tutto veritieri. Scolpiti nella memoria collettiva, mentre portano i loro colpi di punta e di taglio, gli eroi delle pellicole molto spesso non sono rappresentati in modo storicamente esatto e non si tratta soltanto di qualche mancanza di acribia storica. Anche i più illustri curatori dei musei e delle collezioni di armi antiche, del resto, hanno spesso ignorato le reali differenze tra le armi da stocco e quelle da taglio, più attenti a descrivere i pregevoli intarsi delle cocce che non a curarsi delle forme e delle caratteristiche delle lame, che meglio di ogni altro particolare identificano il contesto di utilizzo delle diverse armi. La storia, o meglio, la ricerca storica ed archeologia, non sono mai state granché interessate ad altro che alla classificazione tipologica dei reperti, dimenticandosi di studiarne l’uso oltre che l’apparenza. In assenza di una radicata cultura storica su questi dettagli, molti fraintendimenti sull’uso delle armi sono generati dalla finzione cinematografica, che ci ha erroneamente abituati a vedere armi da punta in grado di tagliare teste e sbottonare con un colpo ben assestato i vestiti più o meno succinti di qualche eroina dello schermo. Molti attori e coreografi di teatro, che non hanno magari mai avuto una scuola od un maestro d’armi, poi, rafforzano questi fraintendimenti storici, poiché essendo abituati a duelli scenici necessariamente privi di contatto (data la loro inesperienza), anche impugnando armi da punta, costruiscono azioni sul ferro anziché azioni mirate a colpire l’avversario come invece dovrebbe essere. L’idea che un’arma da punta rinascimentale potesse offendere anche se usata di taglio tanto quanto un’arma del medioevo, che era costruita essenzialmente per questo, è anche in qualche modo confortata dalla pratica della moderna sciabola, la cui tecnica viene spesso trasposta in alcuni contesti di combattimento freestyle, da performer inesperti che non badano troppo alla correttezza storica. Tuttavia anche il solo strumento dell’analisi visiva delle diverse tipologie di armi, anche se coeve, ci mostra una tale varietà di lame ‐ da quelle più lunghe e sottili a quelle più larghe e pesanti‐ da insinuare, anche in un pubblico di non esperti, il dubbio che esse avessero per lo meno scopi diversi. Tali differenze tra le lame, infatti, già bastano a testimoniare che una tipologia di arma era concepita per lo stocco ed un’altra per il colpo di taglio, poiché ogni arma era disegnata accuratamente in base all’uso per cui era concepita. Tuttavia in molti film vediamo improbabili colpi portati di taglio con lunghe spade da punta, con larghi movimenti del braccio, contro avversari che, nonostante possano uscire in tempo con un colpo di punta della loro spada, preferiscono opporre parate ed altri movimenti inverosimili. La storia della medicina ci insegna che i colpi di punta erano spesso più letali di quelli di taglio, poiché erano meno trattabili, in un’epoca in cui la chirurgia interna non poteva certo ancora tanto, quanto invece poteva la suturazione di una ferita esterna; molte morti sopravvenivano per dissanguamento e molte altre per infezioni connesse alla ferita, anche a mesi di distanza dalla disputa di un duello, ma certamente le ferite prodotte dalla perforazione erano quelle più letali. Dunque impugnando un’arma da punta che consentiva di procurare colpi così mortali all’avversario, nessun duellante avrebbe scelto l’opzione del colpo di taglio, arrischiandosi anche maggiormente, con l’esporsi all’uscita in tempo di punta. Se infatti è vero che le tattiche di combattimento derivavano direttamente dalle capacità tecniche e queste ultime dalle possibilità offerte dall’arma di volta in volta impugnata, è comprensibile come l’uso di armi di punta invitasse al contro‐attacco ed alla parata e come diverse posizioni di guardia fossero influenzate dalle diverse tattiche, mentre spesso osserviamo al cinema e nella finzione dei duelli guardie simili per armi pur completamente diverse. La scherma, come si vede, è una cultura fine, ma molto incline all’eccesso di drammatizzazione nella finzione scenica. Quando la vita era realmente in gioco, però, l’intelligenza e l’acume proprio dell’essere umano, l’istinto, la ragione e la tattica insieme, facevano della Scherma quell’arte dell’intelletto che ancor oggi conosciamo come sport.
di Alberto Bernacchi