Traggo spunto da una discussione iniziata con alcuni schermitori su un sito web di lingua inglese, nata dalla domanda se sia possibile inquadrare in termini generali la definizione del concetto di “scuola di scherma”, ovvero di insieme di nozioni tecniche tramandate in una data area o contesto geografico, tali da caratterizzare una sorta di denominatore comune dei tiratori di una data nazione rispetto a quelli di altri Paesi. Si può affermare che esistano scuole schermistiche diverse o non sarebbe forse più corretto dire che ci sono contesti diversi in cui gli stessi principi e le stesse situazioni uguali per tutti si sviluppano in modo diverso e si diffondono “per contatto” all’interno di aree geografiche specifiche? Alcuni pensano che per le “scuole di scherma” valga questo concetto e vorrei in merito stimolare il dibattito e confrontare anche le opinioni di altri Maestri. Il problema principale quando si parla di scuole di scherma e della loro contrapposizione, anche storica – si pensi in proposito alla tradizionale rivalità Italia‐Francia ‐ è che molto facilmente si finisce per scivolare nel sentito dire ed in vaghi ricordi, che portano banalmente a classificare le scuole sulla base del modo di tirare visto in qualche occasione da parte di un certo atleta di quella o quell'altra nazionalità. Inoltre, di contro, non si può neppure impostare un discorso troppo dettagliato sulle diversità tra le scuole, perché si rischia di perdersi in una classificazione del tutto inutile, arrivando a scoprire che differenziare le scuole di scherma non ha poi molto senso, se consideriamo che la Scherma in se stessa e nei suoi proncipi cardine è unica ed indifferenziabile. E’ un discorso, quello sulle scuole, molto infido e difficile, in cui è facile abbracciare sentenze, tanto quanto abbracciare un relativismo cosmico. C’è un testo certamente molto interessante, il cui autore è il Maestro William Gaugler ed il cui titolo è The History of Fencing (La Storia della Scherma, nella versione italiana recentemente edita dall'A.I.M.S. con la traduzione ad opera della M° Roberta Giussani ed il coordinamento del M° Giancalo Toràn); nel libro l’autore analizza molti dei trattati di scherma dal Medioevo sino all’epoca moderna e risulta evidente, man mano che si procede nella lettura, come la Scherma in se stessa sia sempre la medesima, con differenze imposte dal variare delle armi e delle loro caratteristiche fisiche, ma è molto istruttivo rendersi conto alla fine della lettura del testo, che il primo capitolo e l’ultimo, in fin dei conti, parlano di un’arte che nei suoi principi è unica ed immutabile, qualunque sia la lingua che si usa per parlarne e l’epoca in cui se ne tratta. Dal confronto di alcuni capitoli, come Gaugler stesso sottolinea nei suoi commenti, si capisce anche che le cosiddette diverse scuole di scherma erano solo apparentemente contrapposte, perché in realtà mutuavano di continuo l’una dall’altra i concetti e le evoluzioni della tecnica e del modo di spiegarla. In altre parole, le contaminazioni e lo scambio tra una scuola e l’altra erano assai frequenti, paradossalmente soprattutto al di fuori dei confini nazionali più ancora che al loro interno, ove vi fossero scuole regionali diverse ed accesi campanilismi. Per esempio in Italia è nota la tradizionale contrapposizione tra una scuola meridionale ed una del Nord, la cui rivalità in diversi periodi è stata molto accesa, tanto da arrivare a scontri consistenti tra i maestri fautori dell’una o dell’altra scuola e tuttavia entrambe le scuole erano in contatto con la scuola francese, oltre confine, quindi mutuavano e interagivano con essa, come risulta dal confronto dei trattati coevi. Anche l'interscambio tra scuole di epoche diverse, in una sorta di fil‐rouge continuo, era possibile: non è raro il caso di azioni di cui qualche trattatista attribuiva l’”invenzione” e l’utilizzo ad un particolare maestro di una particolare epoca, non sapendo però che le stesse azioni erano già state citate in altri trattati precedenti di altra epoca e da altri maestri. In fin dei conti la scherma è una scienza non del tutto infinita, cioè alcune azioni funzionavano ieri come oggi, altre non funzionano né oggi né funzioneranno mai ed il bagaglio di sfumature tecniche è sì ampio, ma non così ampio da non presentare corsi e ricorsi storici. Quindi è difficile trovare maestri e scuole che abbiano davvero inventato qualcosa e che siano state davvero del tutto originali. E questo è evidente dalla lettura dei trattati, perché da essi si capisce che in fondo sono un po’ tutti quasi uguali l’uno all’altro. Ciò non toglie che abbiano un interesse storico e che vi sia stata realmente un’evoluzione della scherma (è evidente anche solo confrontando un filmato dei recenti anni ’80 con uno odierno) ma l’evoluzione non sta forse tanto nei concetti, quanto nel metodo di insegnamento. Questo sì, può differire notevolmente da una scuola ad un’altra, da un maestro ad un altro. Ma più che di metodo di una scuola, non dovremmo forse parlare di metodo di un maestro o di più maestri? Un metodo si trasmette di maestro in allievo e di allievo in allievo, creando in una particolare area geografica un insieme di nozioni tramandate secondo un processo logico e principi organizzati secondo la variabilità delle diverse menti umane, che possono differire anche molto l’una dall’altra quanto al modo di organizzare un sistema. Tuttavia anche in questo va detto che la scherma in quanto scienza del colpire senza essere colpiti, nell’ambito di leggi fisiche cui non può sfuggire, impone dei confini. Nessun maestro nell’organizzare in modo originale il proprio metodo può travalicare le leggi della scherma, o, se si preferisce, le leggi della Fisica, quindi le possibili differenze tra un metodo e l’altro si potrebbe provocatoriamente dire che siano certamente ampie ma non illimitate e hanno piuttosto a che fare con la personalità del maestro e la caratterizzazione che viene data alle nozioni nel modo di trasmetterle. Allora a differenziare le scuole, se proprio vogliamo differenziarle, sarebbe semmai la logica espositiva, la sequenza, il dare più importanza ad un fattore piuttosto che ad un altro, per esempio alla difesa più che all’offesa, al contrattacco più che all'attacco? Nella sciabola, quando in Italia si prediligeva un sistema di parate basato sulla prima e la seconda, in Ungheria si prediligeva la difesa basata su terza, quarta e quinta. Questa differenza, insieme alle altre del medesimo genere, è tale da giustificare, con il senno di poi, un dualismo che distingue per quell'epoca una scuola Italiana di Sciabola ed una scuola Ungherese o semplicemente si trattava di dare rilevanza nel processo espositivo del metodo ad alcune parate piuttosto che ad altre, metodo secondo cui venivano impostati gli allievi e questi tramandavano poi nel tempo lo stesso metodo ai loro allievi quando essi stessi divenivano maestri? Ancor oggi, quando un maestro ha dinnanzi un allievo completamente principiante e digiuno quindi di ogni punto di riferimento schermistico, a cui deve spiegare la scherma, non segue in parte o in tutto le tappe del processo espositivo che i suoi maestri usarono con lui? Inizia col parlargli di un argomento e prosegue con un’altro, secondo una logica che non ha a che fare con un metodo della Scuola della città o della regione dove ha appreso la scherma, ma solo con una logica espositiva frutto dell’esperienza dei suoi diversi maestri associata alla sua e certamente entrambe associate a quella dei maestri dei loro maestri e così via. Di fatto la scherma è vasta e quindi per spiegarla occorre partire da qualche parte per arrivare a certi obbiettivi e poi ad altri, sino alla completa conoscenza della stessa. Infatti è una scienza esatta, quindi si può conoscere la scherma nella sua interezza, perché non è “infinita”. Semmai esistono allora differenze personali tra schermitore e schermitore nel loro modo di tirare e di “fare” scherma, ma chi ha gli strumenti per leggere la scherma, alla fine è in grado di capire la scherma anche di uno schermitore che non ha mai visto prima. Allora la differenza tra le scuole può meglio essere individuata nella differenza degli obbiettivi intermedi che ci si pone di raggiungere con il metodo di insegnamento, nella differenza degli esercizi prescelti per raggiungere tali obbiettivi, nella differenza metodologica che rende ciascun insegnate (e ciascun allievo) un esperimento diverso del concetto di metodo espositivo? Ciò non significa allora che non esistono diverse scuole o stili così differenziati come invece d’abitudine si suole classificarli con il termine "Scuola"? E' chiaro che Italiani, Spagnoli, Francesi, Tedeschi, Ungheresi, Russi sono popoli che più di altri hanno sviluppato nel mondo occidentale aree geografiche in cui la scherma si è radicata ed evoluta, quindi si possono definire diverse scuole nazionali in relazione a questi Paesi; ma si tratta pur sempre di una generalizzazione, perché i Maestri dell’ex U.R.S.S., per esempio, hanno poi molto lavorato anche in paesi come la Cina ed il popolo cinese, come mentalità, è diverso da quello Russo, più simile per eclettismo e originalità ai popoli mediterranei, ma a voler ben vedere ha anche caratteristiche di rigore e dedizione al lavoro affine ai popoli più nordici… Il lavoro dei maestri russi in Cina ha infine prodotto una scuola cinese? Si dovrebbe dire di no, alla luce della considerazione precedente su quali siano le scuole che storicamente hanno dato vita alla scherma, ma in realtà è certo che ogni micro‐cosmo schermistico rappresenta in senso lato una scuola a sé stante, quindi si può certamente parlare anche di scuola cinese. E così di scuola serbo‐croata come di scuola X in qualunque paese X dove si pratichi la scherma entro il contesto di quelle differenze culturali che rendono specifica ogni area geografica ed ogni popolo, con tutte le sottodifferenziazioni sub‐regionali che si possono poi aggiungere.
di Alberto Bernacchi